sabato 30 gennaio 2010

MOOMIN IN ITALIA


Felice di sapere dal nuovo blog di Stefanelli che il capolavoro di Tove Jansson sarà pubblicato in Italia dalla Black Velvet, nel rispetto della pregevole edizione americana della D&Q.


venerdì 22 gennaio 2010

JOHNNY CRAIG E L'ESPRESSIONE NEGATA

E' da un paio di anni che la 001 ci sta proponendo le storie della EC Comics.
Sono letture assolutamente interessanti, ed essendo un pezzo di storia del fumetto contengono brevi racconti di grandi autori del periodo frai quali ci sono: Al Feldstein, Harvey Kurtzman, Wally Wood e Jack Davis.
Nel mezzo sta Johnny Craig, un autore che non conoscevo bene prima di leggere Crime SuspenStories vol.1.



 Proprio di Craig voglio parlarvi.
Mentre su diverse riviste come Tales of the Crypt era affiancato da Al Feldstein ai testi, qua lo scopro come autore completo. I suoi racconti, messi a confronto con gli altri, si distinguono subito per resa e brillantezza. Il suo tratto preciso e pulito, che nei volti sembra influenzato da Caniff, con un bianco e nero pieno, rispettoso di luci ed ombre, mette in secondo piano persino le storie disegnate da Wally Wood.
Inoltre ciò che colpisce è l'abilità di sapersi calare in un linguaggio pulp. Sovente le didascalie vengono usate per far cogliere l'ansia e l'esasperazione del protagonista; raramente sono esplicative e se lo sono racchiudono brevità e semplificazione, andando in controtendenza con tempi in cui le didascalie erano spesso pesanti e, nell'ottica di un fumetto attuale, certamente superflue.
Lungi da me voler dire che gli altri autori di questa serie producano storie scarse, anzi la qualità non è mai bassa, eppure Craig supera tutti, perfino Kurtzman che propone due storie dallo sviluppo banale e con assai poca suspence.


 (una tavola di Craig da Vault of Horror)

Al Contrario di altri però Craig è molto lento, questo è dovuto alla sua meticolosità nel disegno e al fatto che oltre a scrivere le sue storie è anche il copertinista della testata. Eppure tutta questa lentezza che gli si attribuisce viene contrappesata dall'originalità dei suoi lavori. Non a caso i suoi racconti sono sempre quelli che aprono la rivista. Oltretutto Craig è l'unico a sfruttare al massimo le splash page che inaugurano gli episodi. Infatti, sulla scia della rivoluzione eisneriana di Spirit, le storie della EC incominciano sempre con una splash page.


 (classica splash page di Jack Kamen)

 Craig raramente si limita ad utilizzare questa pagina per fare una specie di copertina, e fonde illustrazione con la storia.
Purtroppo non trovo un'immagine della prima pagina de "Il Sosia", che basterebbe a spiegarvi tutto, e allora ve ne posto un'altra qua sotto:



 I suoi racconti sono sempre carichi di pathos e vi è una costante ricerca nello stupire il lettore presentando più colpi discena in un solo arco di 6, 7 pagine. Sicuramente è da sottolineare come sia prevalentemente interessato a rappresentare le emozioni e le reazioni dei personaggi piuttosto che a proporre disegni esplicitamente macabri. Questo alle volte esula dalle copertine che invece sono fatte per colpire il lettore, come potete notare qua sotto.



Caso vuole che sia proprio una sua copertina, ultima dei mille fattori in gioco, a dare il la all'avvento del Comics Code.
La copertina incriminata la potete ammirare qua sotto.



 In effetti è anche l'ultima copertina della serie realizzata da Craig, che in seguito alla chiusura della EC fa sporadiche comparse su alcune testate della Warren e sul finire degli anni '60 inchiostra diverse cose per la Marvel e la DC. I pochi numeri supereroistici da lui disegnati sono pesantemente ritoccati, finché alla fine, costretto a non potersi esprimere, limitato da una stretta supervisione, e insofferente alle scadenze si ritira dal mondo del fumetto.
Si dedica alla pittura e produce numerose tele legate ai vecchi personaggi delle EC.
Ultimo baluardo di un'epoca finita male, Craig ne è forse l'unico vero illuminato.
(Johnny Craig 1926-2001)

mercoledì 13 gennaio 2010

DAVID MAZZUCCHELLI - ASTERIOS POLYP


Leggere l'opera di Mazzucchelli in inglese non l'ho trovato affatto facile, anche perché il mio inglese non sta ai piani alti, però l'ho fatto, comprendendo ma forse raggirando tutto quello strato di nozioni religiose, sociologiche, morali e filosofiche di cui il libro è intriso.
Fondamentalmente mi interessava l'aspetto del linguaggio figurativo con cui Mazzucchelli compone l'opera.
Poco prima di leggere questo volume, ho avuto la fortuna di acquistare An Anthology of Graphic Fiction Vol.1 , edita da Brunetti. Nell'introduzione del libro viene riporta una definizione di Spiegelman, "il fumetto è scrivere con le figure" e lo stesso Brunetti aggiusta il tiro dicendo che il fumetto "non è un mix di parole e figure, ma bensì un'emulsione [...] il fumettista usa il proprio metodo di visualizzazione per stabilire un vocabolario visuale col quale comunicare..." poi mi cade l'occhio sull'immagine sopra il testo:
E' un'illustrazione di Saul Steinberg e mi rimane impressa cosi tanto che quando finisco di leggere il libro di Mazzucchelli mi ritorna in mente. In Asterios Polyp c'è la necessità di rispolverare e rinnovare quel linguaggio fumettistico delle origini. Mazzucchelli, sin dall'inizio dei suoi lavori indipendenti, è sempre stato alla ricerca di nuove forme espressive, interessandosi all'approccio giapponese, omaggiando la scuola della Harvey Comics e strizzando l'occhio ai francesi. Con il suo ultimo lavoro parte direttamente dalla base del cosiddetto cartoon americano, impostando il discorso sull'espressione e la comunicabilità.

Come si evince dagli schizzi di prova qua sopra, la stilizzazione unita ai simboli ci permette di identificare gli stati d'animo e le situazioni dei personaggi, nonché ci aiuta a capire le differenze sia emotive che fisiche o ancora le compatibilità fra uno o più attori. inoltre fa scattare la ricettività della mente del lettore mettendo in moto tutti quei meccanismi che fanno del fumetto un medium unico.


Come notate da questa immagine sopra, già 60 anni fa Saul Steinberg usava questo approccio. La grandezza di Mazzuccheli è quella di saper valorizzare e rielaborare questo genere di espressioni, incanalandole in uno storytelling e andando a formare un libro.
Mazzucchelli scompone, taglia, spella e squadra il disegno, (ri)portando all'essenziale il fumetto. Cosi facendo, mostrando solo l'ossatura, in un certo qual senso ci illude nella proposta di un fumetto difficile da decifrare. Tutto ciò è solo apparenza infatti tutti questi simboli e codici geometrici che vengono usati li abbiamo bene impressi nella nostra mente fin dall'alba dei tempi e forse sono stati anni di letture super-eroistiche a farli rimanere sepolti nel nostro cervello.


Cose semplici in fin dei conti, immediate, come i colori. Qua sopra potete notare come Mazzucchelli usi il colore e la geometria per evidenziare una situazione di conflitto, di distacco e di indifferenza. Una sostanziale incompatibilità o forse solo un momento no.
E ancora qua sopra Saul Steinberg, diversa situazione ma con esito apparentemente simile.
In tempi più recenti un altro fumettesta che segue questa strada è Mark Newgarden, anche se lo fa in maniera molto più radicale come potete vedere qua sotto.
Mazzuchelli dispone le sue vignette in modo pacato, raramente le sue tavole sono confuse (e se lo sono è volontariamente), ma anzi, hanno un moto circolare che ammorbidisce la lettura come potete vedere qua sotto.
Altro particolare è quello della specularità dell'immagine e dell'equilibrio, qua si possono notare due diversi esempi.

Sono due situazioni diverse, sia per composizione che per situazione (una shoccante, l'altra intimista), eppure sia nella prima che nella seconda vignetta tutto è perfettamente bilanciato.
Un esempio più radicale è ancora di Mark Newgarden, come potete vedere qua sotto.
La bravura di Mazzucchelli sta nel saper rielaborare le basi del fumetto senza avere come fine la pura sperimentazione, ma costruendo un prodotto capace di raccontare una storia in maniera per lo più geniale.
Per finire vi mostro un recente disegno di batman che semplifica quanto detto fin'ora approcciandosi ad una visione super-eroistica.

John Porcellino





Spedito direttamente dalle sue mani incapaci di disegnare ma pronte a registrare sensazioni, è li sul mio letto, un volumazzo cartonato di 300 pagine, firmato di fresco.
Vent'anni di auto produzione, inesorabile e rocambolesca, capace di ritagliarsi la sua nicchia di pubblico.
E' un po un caso quello di Porcellino, forse vero padre di molti giovani autori americani che sono in giro ultimamente, Jeffrey Brown su tutti.
Il libro è un'antologia, un best of e l'impatto con le prime (illeggibili) storie farebbe desistere chiunque, però poi si decolla ed è un bel viaggiare.
Sono cose molto personali, sogni, visioni, viaggi e problemi.
Siccome sono pigro e lo spazio bianco mi da una mano è meglio che leggiate qua:
-raccontare la semplicità
-perfetto esempio di indipendenza